domenica 22 novembre 2009

Un nuovo sentimento

È stata una domenica un po’ diversa quella appena trascorsa. Niente gare in giro per il Lazio, un risveglio naturale e non condizionato ad orari, quindi senza la sveglia ad interrompere il sonno, e una giornata fatta di tanto sole ed un clima davvero piacevole. Quello di questi giorni è un tempo, meteorologicamente parlando, davvero speciale per chi come me ha il piacere di praticare un’attività sportiva all’aria aperta. Niente tapis roulant, niente maglie pesanti, nessuna preoccupazione per probabili piogge o acquazzoni improvvisi. Solo tanta spensieratezza ed una t-shirt di cotone leggera a mezze maniche. La sensazione è la stessa che si prova quando, a primavera, con l’inverno oramai alle spalle, ci si avventura per strada con il piacere di respirare un’aria ancora frizzante e fresca, ma che porta con se già il calore e i colori dell’estate che verrà. È inutile negarlo, i mesi migliori per godere della corsa sono aprile e maggio. Giornate lunghe e tepore solare sulla pelle. Bene, quella di oggi e quelle appena passate ci hanno donato sensazioni similari e ci hanno fatto godere di percezioni atipiche per questo periodo. E’ stato bello correre lungo il percorso che costeggia il fiume Aniene e che unisce il comune di Subiaco con la località di Comunacqua. È raro che vada su questo tracciato, sono un abitudinario e 95 volte su 100 preferisco il tratto di strada che si sviluppa ad un paio di chilometri da casa mia, piatto ed asfaltato, ma quando voglio rigenerarmi e godere fino in fondo della fatica e dell’emozione di correre in mezzo alla natura, non ho tentennamenti, la scelta è quella fatta anche oggi. Il paesaggio è straordinario, una gola tra i Monti Simbruini scavata nei millenni dal fiume Aniene. A dominare questo scenario gli splendidi monasteri di San Benedetto e Santa Scolastica ed il borgo medioevale di Jenne. Tutto intorno solo tanto verde e niente più. E’ più facile imbattersi in animali vaganti, come mucche, cavalli e cinghiali, che incontrare persone. Quelle poche che ci sono, sono li per lo stesso mio motivo, una bella passeggiata o una corsetta rigenerante. Il tempo sembra quasi fermarsi ed il gioco più bello è osservare le peculiarità dei mille volti della natura, ogni volta e sempre comunque diversi. Ogni anno un mutamento, ogni stagione un colore, ogni giorno una sorpresa, ogni attimo un nuovo sentimento.

domenica 15 novembre 2009

... ma è comunque bellissimo!

Prosegue la mia marcia di ri-avvicinamento ai ritmi di un tempo sulle gare brevi. Certo, molto c’è ancora da fare, ma l’euforia è tanta, così come la voglia di proseguire su questa strada intrapresa. L’ho detto più volte, è un periodo positivo, per mille ragioni, e il mio fisico sta reagendo bene alle sollecitazioni prodotte dall’atletica e dalla vita di tutti i giorni. Dopo diversi anni sto ritrovando una continuità sugli allenamenti, riuscendo a doppiare (il lunedì e giovedì anche a “triplare”, se si considerano i 45 minuti di nuoto la sera) e a fare qualche “lavoro” adeguato per le distanze brevi. Per esperienza so che per un organismo come il mio questa è l’unica via da seguire, tanti chilometri, o per lo meno più degli anni passati, e prove tirate durante la settimana. Infine l’inserimento di gare brevi alla domenica. Ricetta semplice e facile da preparare, almeno a parole, ma sempre difficile da “cucinare”. Ma se si vuole raggiungere lo scopo non si può fare diversamente. So anche di essere poco agile e di procedere senza “grazia” ed agilità lì dove ne occorrerebbe. Le mie gambe sono enormi, se paragonate non solo a quelle degli atleti africani. Quadricipiti nutriti e cresciuti a lunghi, anzi lunghissimi, e non adatti a sollecitazioni intense. In ogni gara che faccio i metri passano più lenti che in una 100 km e la tentazione di fermarmi poco dopo la partenza è fortissima. Ci vogliono una grossa forza di volontà e passione per andare comunque avanti, cercando di spingere il più forte possibile, senza rallentare. Ma la soddisfazione finale è proporzionata allo sforzo. La curiosità più bella rimane quella di verificare il crono all’arrivo, per scoprire, con sorpresa, l’esito della prestazione e delle fatiche fatte. Non amo guardare i passaggi ai vari mille e difficilmente in gara butto l’occhio sull’orologio. Corro senza riferimenti, almeno cronometrici. In realtà ne ho, uno su tutti: “gli avversari”. Se ti capita la fortuna di trovarti nel bel mezzo di un “treno” e stai al limite delle tue energie, è ovvio che non puoi aumentare, l’unica cosa da fare è resistere e aiutare i tuoi compagni d’avventura per quel che ti è possibile. La sfida non è con loro, non ti cambia nulla arrivare 12° o 13°, ma hai una soddisfazione maggiore se riesci a correre più forte della volta precedente. Questo si. Ah, dimenticavo… la gara di oggi è stata una 10 km a Roma, la “Corri al Tiburtino”, molto veloce ed ottimamente organizzata. La giornata stupenda, forse anche un po’ troppo calda. Il risultato 33 minuti netti, con un passaggio ai 5000 m intorno ai 16’20”.

lunedì 9 novembre 2009

Sembrerà strano...

Sembrerà strano, ma è già da un po’ di tempo che non riesco a scrivere sul mio blog in modo spontaneo e naturale. Quasi sempre, in quelle rare volte che mi “impongo” di scribacchiare comunque qualcosa, trovo grosse difficoltà a riuscire a capire dove andrà a cadere il mio pensiero e cosa spunterà fuori dalla mia “penna”. Di certo questo esercizio non è obbligatorio o legato ad un impegno preso con qualcuno, semmai con me stesso, ma mi regala comunque la fortuna di poter lasciare traccia di una sensazione, un periodo, un’emozione. E la cosa più bella diventa rileggere, dopo un po’, quello che ho provato tanto tempo prima. Ho riflettuto sul motivo di questa inerzia “letteraria” e sono giunto ad una mia conclusione. Probabilmente non apparterà alla verità più vera, ma è comunque quanto di più attendibile possa attualmente credere. La mia voglia di scrivere è proporzionale alla lunghezza della gara che sto preparando, agli allenamenti che faccio, alla fatica “prolungata” che mi logora. Maggiore è il tempo trascorso a correre, maggiori le emozioni provate ed attese, maggiori le cose da raccontare. In questo periodo, nonostante abbia aumentato il numero degli allenamenti settimanali, poiché sto partecipando (non finalizzando, in quanto anch’esse sono parte di un progetto più lungo comunque mirato a gare di maratona ed ultra) a gare di 10 chilometri o giù di lì, non riesco ad essere così motivato come vorrei. Non riesco più a trovare la parte bella della corsa e a narrarla, ho difficoltà ad individuare “l’emozione unica” e riportarla, non individuo più con facilità e naturalezza le cose che un giorno, rileggendo, potranno farmi tuffare di nuovo in qualcosa di vissuto con estrema intensità. Sembrerà paradossale, ma è così. Potrei raccontare, stasera, della gara fatta stamane a Frosinone, una 10 chilometri tutta saliscendi per il centro storico e “cento” incroci non controllati. Delle gambe che già prima della partenza, forse per il meteo non favorevole, ma più probabilmente per la settimana intensa, non ne volevano sapere di correre e apparivano più come due pezzi di legno che due elastici carichi pronti a schizzare. Del pensiero balenatomi per la testa diverse volte di ritirarmi, tanto: “Non ne vale faticare come matti per non portare a casa un bel niente, se non brutte sensazioni e tanta fatica”. Del “Perché oggi sono qua, quando sarei potuto essere ieri a Tarquinia alla 100 chilometri degli Etruschi”. E così via. Ma che cosa lascerebbe tutto ciò per il domani? Da un po’ di tempo mi sono convinto che un blog non possa essere un posto dove trascrivere tempi ed allenamenti fatti, o meglio, non è questo il luogo più degno. A tal scopo esistono diari ed agende dello sportivo. Quello che mi sono impegnato a riportare sono le emozioni vissute attraverso questo sport bello e dannato. E se questo periodo è un periodo “diverso”, lo è anche per questo. Probabilmente “tornerò in me” non appena comincerò di nuovo ad allungare gli allenamenti e le gare. Per il momento ho poco, molto poco da dire.

lunedì 2 novembre 2009

Alla ricerca della ... velocità!

Continua la mia ricerca della …. Velocità. Quella persa in tanti anni di gare lunghe, ovviamente. E’ passato troppo da quando non mi dedico a lavori improntati sul ritmo e non partecipo a gare corte che mi aiutino a ritrovare la brillantezza di una volta. Certamente sono cosciente del tempo trascorso e dei limiti che l’organismo, inevitabilmente, trova in questa direzione. Ma il cuore è lo stesso di tanti anni fa e non vuole saperne delle leggi della natura. Così l’illusione cavalca il momento di follia e si spinge ad immaginare che con un po’ di impegno e buona fantasia si possa ritrovare, almeno in parte, la forma dei periodi migliori. La ratio non accetta certe provocazione e ancorata alla sua concretezza è ben sicura dei limiti fisici, ma nonostante tutto accetta la sfida e accompagna con fierezza tanto il cuore, quanto lo spirito. Il risultato è ovvio e scontato. Non si fanno miracoli, tanto meno in atletica. E quello che non ti appartiene o per il quale non hai perso tempo a crearti, non lo puoi tirare fuori dal cilindro per magia. 10 km non sono tanti, non solo se paragonati a 100 km, ma anche se confrontati con una condizione quanto mai precaria. Partenza all’aspronbattuto, crisi a metà gara, non di gambe, ma di fiato, e ricerca finale di un crono che sia degno di una discreta prestazione. Passaggio al 10.000 m in 33’45”, da ridere. Ma questa è la realtà, la mia. Dimenticavo: la gara è quella disputata ieri nello splendido scenario del centro di Roma, La Corsa dei Santi. Ho provato a guardarmi intorno, ma di gente con l’aureola, soprattutto di questi tempi e a Roma, è proprio difficile trovarne...